PHYLUM NEMATHELMININTHES
CLASSE NEMATODA
I nematodi del cane
Superfamiglia Trichuroidea
Trichuris vulpis
Sono vermi che risiedono nel grosso intestino (in particolar modo nel cieco) lunghi fino a 4,5-7,5 cm. Lo stadio infestante è l’uovo con larva L1. La L1 per svilupparsi nell’ambiente esterno impiega circa 1-2 mesi. Le uova larvate possono sopravvivere nell’ambente per anni. Nell’ospite le L1 penetrano nelle ghiandole della mucosa del cieco dove proseguono (2-10gg) la loro trasformazione fino ad uscire sulla mucosa allo stadio di L5. Le L5 rimangono ancorate alla parete. IL periodo di prepatenza è di circa 3 mesi.
Una lieve infestazione decorre generalmente asintomatica, nel caso di infestazioni massive possono esserci diarrea con o senza presenza di sangue e disturbi gastrointestinali. La diagnosi può essere confermata attraverso l’analisi delle feci e per la terapia vengono utilizzati antitelminici. In ambienti ad alta densità canina (pensioni, allevamenti, canili e rifugi, data la resistenza delle uova larvate, è indispensabile garantire la massima igiene ambientale. Questo parassita infesta anche le volpi e, più raramente, i gatti.
Capillaria aerophila
La capillaria aerophila è un parassita raro, tipico delle volpi, che può interessare anche cani, canidi selvatici e gatti, il lombrico può fungere da ospite paratenico. Sottile e lungo tra 1 25 e i 32 millimetri e molto sottile, si localizza nella mucosa della trachea, dei bronchi e delle coane nasali. Il ciclo è diretto e le uova molto resistenti nell’ambiente. L’infestazione avviene per ingestione, la larva ingerita penetra poi nella parete intestinale e raggiunge per via ematica i polmoni. Se le larve vengono inghiottite tornano all’intestino da cui escono con le feci. La prepatenza è di circa 6 settimane e la diagnosi è confermata attraverso l’esame delle feci o del liquido ottenuto con il lavaggio tracheale. L’infestazione decorre generalmente asintomatica ma possono esserci sintomi come tosse e scolo nasale. Il trattamento si effettua con antitelminici.
Capillaria plica
E’ un parassita comune nelle volpi ma che può infestare anche cani, canidi selvatici e gatti. Sottile e lungo tra i 3 e i 6 cm, il parassita si localizza nella vescica e in alcuni casi nei reni. Il ciclo vitale è intermedio con lombrichi o molluschi gasteropodi come ospiti. L’infestazione avviene attraverso l’ingestione dell’ospite intermedio, dall’intestino le larve passano poi ai reni e alle vie urinarie. Le uova vengono emesse con l’urina. L’infestazione può provocare cistite, la diagnosi è conferamata dalla ricerca del parassita nelle urine. Per il trattamento si utilizzano antitelminici.
Capillaria hepatica
E’ un parassita dei roditori selvatici che può occasionalmente infestare cane, gatto e uomo. L’infestazione si contrae con l’ingestione di prede a loro volta infestate o attraverso uova rilasciate da animali in putrefazione. Il parassita si localizza nel fegat le uova formano granulomi possono causare cirrosi tuttavia l’infestazione è in genere asintomatica.
Le Trichinelle
(T. spiralis, T. britovi, T. nativa, T. pseudospiralis, T.nelsoni, T. murrelli)
Parlando di Trichinella, in realtà, ci si riferisce a 5 specie (T. spiralis, T. britovi, T. nativa, T. pseudospiralis, T. nelsoni) più una di recente individuazione T.murrelli suddivise a loro volta in 8 genotipi. Morfologicamente molto simili, le specie si differenziano per l’isolamento riproduttivo, la capacità di infestare determinati ospiti e la resistenza al congelamento. La T. spiralis (T1) è la specie più diffusa e conosciuta: colpisce l’uomo e gli animali domestici (in particolare roditori e suini), è diffusa in aree temperate e non resiste al congelamento. La T. nativa (T2) infesta i carnivori artici, resiste al congelamento, è poco infestante per topi e maiali. La T. nelsoni (T7) è diffusa tra i carnivori selvatici dell’emisfero sud, ha bassa virulenza e scarsa infestività verso topi e maiali. La T.pseudospiralis (T4) parassita soprattutto gli uccelli e non provoca cisti a livello muscolare. La T.britovi (T3) è diffusa nel sud dell’Europa ed ha caratteristiche simili alla T. nelsoni.
La Trichinella è un parassita di rilevante importanza nel contesto della salute pubblica in quanto capace di infestare molti mammiferi incluso l’uomo.
I parassiti adulti, difficili da individuare a causa della breve durata della vita, si localizzano nell’intestino tenue dell’ospite, le larve nella muscolatura striata dello stesso con prevalenza nei masetteri, nei diaframmatici e negli intercostali. I maschi sono lunghi circa 1mm, le femmine 3 e sono larvipare.
Gli adulti in via di sviluppo vivono nei villi dell’intestino tenue, dopo l’accoppiamento i maschi muoino mentre le femmine affondano ulteriormente nei villi. Dopo 3 giorni nascono le L1 che passano ai vasi linfatici e poi, per via ematica, alla muscolatura.Il processo si completa dopo circa 7 settimane periodo al termine del quale le larve possono essere infestanti per altri ospiti e rimanere tali per anni. Il ciclo riprende quando le larve sono ingerite da un altro ospite: le L1 sono liberate da processi digestivi e mutano ad adulti sessualmente maturi in due giorni. La diagnosi si effettua postmortem, tramite biopsie muscolari o tramite esami sierologici utilizzando la tecnica dell’ELISA.
Le infestazioni negli animali domestici sono di norma lievi e decorrono asintomatiche, se vengono ingerite centinaia di larve si ha enterite e, dopo circa due settimane, a causa dell’infestazione massiva dei muscoli, miosite, febbre, eosinofilia, miocardite, ascite e edema periorbitale nell’uomo. Per il trattamento si utilizzano antitelminici e antinfiammatori, se non trattata un’infestazione massiva può avere esito normale. Tra i fattori che contribuiscono alla diffusione della Trichinella vi è senza dubbio l’elevato numero di specie che possono ospitare il parassita. Nelle regioni temperate roditori, carnivori selvatici e cinghiali possono essere facilmente infestati. In Italia la Trichinella endemica è la T.britovi scarsamente infestante per i suini e per l’uomo. L’infestazione umana (e canina) avviene al seguito di ingestione di carni e insaccati poco cotti, non stagionati o non conservati con salatura o affumicatura. In Italia è d’obbligo per legge la ricerca di trichinelle sulle carcasse dei suini d’allevamento e degli equini, il cinghiale selvatico cacciato tuttavia sfugge a questa regola ed è questo un buon motivo per non somministrare carne di cinghiale cruda o poco cotta ai cani.
Tratto da "Milleniumdogs"